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Le origini mitiche ed il più antico abitato di Praeneste

Antichi miti attribuiscono la fondazione della città a personaggi diversi; le fonti greche la riconducono a Prainestos, figlio di re Latino e nipote di Ulisse, oppure a Telegono, figlio dello stesso Ulisse e di Circe. Virgilio, invece, raccoglie una tradizione italica secondo la quale a costruire la città sarebbe stato Caeculus, il figlio cieco del dio Vulcano, successivamente ucciso da Enea, ed al quale faceva rimontare le proprie origini l’illustre famiglia romana dei Caecilii. L’indagine archeologica conferma l’altissima antichità dei primi insediamenti prenestini: la ricerca più recente ha dimostrato che la frequentazione del sito sommitale di Castel San Pietro, che in epoca storica ospiterà la rocca fortificata della città, risale almeno alla metà del II millennio a.C. dove doveva esistere tra il Bronzo finale e la primissima età del Ferro (secoli XI-IX a.C.) un villaggio. L’insediamento di Castel San Pietro conviveva con altri piccoli villaggi dei dintorni, ai quali si possono attribuire le sporadiche sepolture, databili all’VIII secolo a.C., rinvenute lungo l’antico tracciato della Via Prenestina.

Pare invece accertato che, tra la fine dell’VIII ed il VII secolo a.C. questi villaggi si unificarono in un solo centro, dando vita alla città vera e propria. Anche per questo periodo, la cosiddetta epoca “orientalizzante”, sono le città dei morti, le necropoli, ad informarci sulla città dei vivi. La continuità di vita, che si è sviluppata per 2800 anni sul sito che oggi chiamiamo Palestrina, ha distrutto, infatti, le tracce più antiche e labili di un passato nel quale le case erano semplici capanne, lasciando solo le sepolture e i loro corredi.

Nel VII secolo a.C., dunque, Praeneste cominciò a sfruttare la rendita costituita dalla sua posizione, grazie alla quale la città controllava le vie di comunicazioni tra il mare – nelle giornate terse la costa è ancora visibile dai punti più alti di Palestrina – e il retroterra appenninico, nonché alcuni importanti percorsi interni, battuti dai pastori durante la transumanza, e che dall’Etruria e dal Lazio raggiungevano l’Italia meridionale.
La centralità della città nel sistema di scambi dell’epoca è testimoniata proprio dai ricchi corredi delle tombe principesche (Museo di  Villa Giulia), i cui preziosi oggetti dimostrano contatti e scambi con tutte le popolazioni del Mediterraneo, dalla Grecia alle coste fenicie fino all’Egitto. La qualità artistica ed il valore di questi reperti ci raccontano come, nella società prenestina, emergesse in quest’epoca un’aristocrazia legata alle attività commerciali.

A partire dal VII secolo, e fino alla metà del V sec. a.C., Praeneste intrattenne, inoltre, rapporti particolarmente intensi con il mondo italico, non solo con gli Etruschi, ma anche con i popoli del retroterra appenninico e con il Piceno: lo dimostrano i rinvenimenti nelle sepolture prenestine di ornamenti femminili, ma anche di armi da guerra, come i dischi-corazza di bronzo, importati da queste zone o addirittura prodotti a Palestrina su modelli provenienti da quelle aree. Gli oggetti testimoniano sia dei matrimoni dei locali con donne provenienti dal Piceno, sia, verosimilmente, anche di fenomeni di mercenariato che coinvolgevano gli uomini.

 

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