La scoperta dell’archeologia prenestina
Gli antichi monumenti di Palestrina, ed in particolare il grandioso santuario, erano noti fin dal XVI e XVII secolo, come dimostrano piante, vedute e disegni ricostruttivi di Andrea Palladio (1550), Federico Cesi (1614) e poi Suares (1655) e Pietro da Cortona (1650 circa), seguiti da molti altri fino al 1800, in particolare dai viaggiatori del Grand Tour e dai pensionnaire dell’Accademia di Francia.
Gli scavi del Settecento e Ottocento: la corsa all’oro
Ma il vero avvio della scoperta della ricchezza archeologica di Praeneste fu il ritrovamento nel 1738 della cista, detta Ficoroni dal nome del suo rinvenitore Francesco Ficoroni. La complessità della sua decorazione e l’iscrizione che ricorda l’artigiano e la destinataria, ma anche il luogo dove fu prodotta, Roma, destarono un tale interesse che da allora si avviarono nella necropoli della città scavi continui per tutto il XVIII e XIX secolo, opera più di saccheggiatori che di scienziati, che cercavano soltanto oggetti di valore per alimentare il collezionismo ed un mercato fiorente. Queste attività proseguirono intensamente nonostante le norme di protezione del patrimonio culturale in vigore in Italia già agli inizi del XIX secolo e causarono la dispersione del patrimonio archeologico di Palestrina in tutta Europa e oltre.
La scoperta delle tombe principesche
I corredi delle tombe Castellani e Galeassi, venute in luce nel 1861-62, furono smembrati e in gran parte si dispersero, tranne un nucleo della prima che fu donato ai musei Capitolini, e i ricchi ornamenti d’oro e d’argento della seconda che passarono al British Museum. Di altre tombe principesche restano solo indizi e oggetti sporadici, come la coppa d’oro attualmente al Victoria and Albert Museum di Londra.
Il Museo dell’Associazione archeologica e la collezione Barberini
Dopo tanti saccheggi all’inizio del ‘900 cominciò a risvegliarsi una coscienza dell’appartenenza locale di tali tesori.
Il Museo dell’Associazione archeologica
Nel 1905 a Palestrina si costituì l’Associazione Archeologica Prenestina, con lo scopo della conservazione dei monumenti e la costituzione di un museo cittadino. L’Associazione avviò una intensa attività di scavi, sia nell’area urbana sia nella necropoli, ed i reperti raccolti andarono a costituire il primo nucleo di un museo.
La collezione Barberini
Contemporaneamente anche la famiglia Barberini aveva cominciato a conservare i reperti rinvenuti nelle sue proprietà prenestine, anche se non distinti per singoli corredi. Già dal 1908 una parte della collezione Barberini fu venduta allo Stato, che la assegnò al Museo di Villa Giulia, dove fu esposta nel 1913. Una piccola parte di questa collezione è tornata poi al Museo di Palestrina.
In quello stesso anno Luigi Barberini, cultore di antichità, decise di restaurare il palazzo baronale, sorto sulle rovine della parte sommitale del santuario della Fortuna, per ospitare quella parte delle collezioni rimaste in possesso della famiglia: nasceva il Museo Prenestino Barberiniano, dove si conservava anche il famoso mosaico del Nilo.
La guerra, la riscoperta del santuario di Fortuna e l’istituzione del Museo Nazionale
I bombardamenti del 1944
Durante la seconda guerra mondiale la Soprintendenza decise di concentrare a Roma per maggiore sicurezza le opere d’arte più rilevanti. Fra queste fu spostato al Museo Nazionale Romano il mosaico del Nilo di Palestrina. L’operazione fu quanto mai opportuna, poiché Palestrina subì due bombardamenti, uno il 22 gennaio 1944 e un altro, più devastante, il 1° giugno dello stesso anno, che distrussero quasi completamente la parte alta della città e arrecarono seri danni al palazzo baronale.
La riscoperta del santuario di Fortuna e l’istituzione del Museo
A seguito di questi bombardamenti la rimozione delle macerie consentì di rimettere in luce i grandiosi resti del santuario della Fortuna. Fu una impresa storica, attuata in pochi anni dall’architetto Furio Fasolo e dall’archeologo Giorgio Gullini. Da un cumulo di macerie riemergeva uno dei più imponenti monumenti dell’architettura ellenistica in Italia. Dalla sistemazione del complesso templare, che durò dal 1945 al 1952, scaturì anche l’acquisizione da parte dello Stato del Palazzo Colonna Barberini e delle proprietà sottostanti per creare un nuovo museo nazionale e rendere visitabile il complesso archeologico. Il Museo fu inaugurato nel 1956 alla presenza dell’allora Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, un evento che ebbe vasta risonanza anche all’estero.
Il nuovo allestimento del 1998
Dopo l’apertura al pubblico del Museo Archeologico Nazionale di Palestrina nel 1956 sono seguite molte nuove scoperte.
Uno dei siti più importanti scavato negli anni ’80 del secolo scorso è stato il santuario dedicato ad Ercole, situato a sud-ovest della città, che ha restituito migliaia di offerte votive databili fra il VI sec. a.C. e la prima età imperiale. Altre scoperte di enorme rilevanza hanno riguardato l’area urbana, dove sono venuti in luce reperti di altissima qualità, quali per esempio il rilievo con cinghialessa delle serie “Grimani”.
Queste numerose e importantissime nuove acquisizioni hanno man mano ampliato il nucleo originario, fino a costituire una notevole collezione che ha imposto una completa revisione del museo ed il suo totale nuovo allestimento, su progetto dell’architetto Maurizio Brufatto, in forme più ampie ed adeguate ai moderni principi della museologia.
Il riordino dell’esposizione si è ispirato ad un criterio in parte tematico, in parte cronologico, tenendo conto dei contesti di provenienza dei reperti. Esso, inoltre, è stato progettato anche nel pieno rispetto del “contenitore”, il Palazzo Colonna Barberini, mirabile esempio di un perfetto connubio architettonico fra preesistenza archeologica e progettazione rinascimentale.
Il rinnovo dell’allestimento del museo del 2014
Oggi il museo si presenta ai visitatori in una veste rinnovata ed ancora più ricca.
L’inesauribile sottosuolo di Palestrina ha continuato anche negli ultimi anni a restituire frammenti della storia dell’antico centro latino e poi romano, e tutte queste nuove acquisizioni scientifiche sono ora proposte al visitatore, inserite nel percorso di visita già strutturato.
Inoltre, il percorso espositivo è stato arricchito di importanti reperti provenienti dalla necropoli di Praeneste, tornati a Palestrina dal Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma.
Gli scavi più recenti
La città più antica, quella racchiusa nelle mura oggi corrispondente al centro storico, è stata oggetto di indagini sistematiche, specialmente nell’area dell’antico Foro; nella cosiddetta “città bassa”, che fin dall’epoca medio e tardo repubblicana si espanse nel pianoro sottostante l’insediamento più antico, sono stati messi in luce settori dell’abitato con edifici pubblici e privati, nonché luoghi di culto attivi fin dall’epoca tardo-arcaica, la cui vita si è protratta per alcuni secoli fino alle soglie dell’impero. La zona più prolifica per le nuove scoperte è stata quella della necropoli, dove gli scavi hanno messo in luce molte nuove sepolture che si datano dall’VIII al III sec. a.C.